Teatro comunale di San Felice sul Panaro
Travocial,
2016-03-01 08:38:29
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Dalla documentazione raccolta da Gulinelli nel suo volume sui teatri di San Felice sul Panaro, risulta che una compagnia di dilettanti agiva in paese fin dalla prima metà del secolo XVII. Nel corso di una seduta consigliare del 7 marzo 1633 si dà ordine al massaro di pagare Giacomo Malavasi e gli altri operai, della scena fatta per il carnevale appena trascorso, considerando che è 'stile antico e costume' che la Comunità dia il suo contributo in tal senso.
A disposizione della gioventù sanfeliciana, dedita alle commedie è concessa inoltre una stanza nella casa di detta Comunità (cfr.Gulinelli, I teatri...1994, p. 10). Il nucleo originario di questa casa risaliva al sec. XIV ed era il voltone di ingresso al Castello con ponte levatoio.
Dal 1486 viene ampliato per accogliere l'alloggio del corpo di guardia, il carcere e al piano superiore la sala del Consiglio della Comunità. Nel 1693 grazie ad ulteriori aggiunte nell'area sud vi si ricava anche una scuola ed una seconda sala al piano superiore. A partire dal 1732 questo edificio non viene più utilizzato dal Consiglio Comunale e si avvia a diventare un vero e proprio teatro dotato di palchetti. L'onere dell'impresa è assunto dal priore Giuseppe Campi in qualità di livellario. A causa della guerra di successione tra franco-spagnoli e tedeschi, che vede questi territori invasi dai contendenti, il progetto si ferma. Viene ripreso soltanto nel 1755 e completato, pare, quattro anni dopo. Per oltre un secolo questo teatro sarà gestito dalla famiglia Campi. Nell'immediato periodo postunitario il teatro passa sotto il controllo dell'Amministrazione Comunale che nel 1882 procede alla risistemazione della struttura resa fragile dal tempo e dall'usura. Non conosciamo l'esatta entità di queste opere, né lo stato di tutto l'impianto, che pare abbia funzionato ancora per qualche tempo, in quanto nel 1891 vengono pagate al pittore modenese Luigi Morsiani L. 400 per alcune scene su tela: un bosco, una camera nobile, una sala da ballo, una piazza, un giardino, una marina, scene che vengono successivamente montate dal macchinista dello Storchi di Modena. Ma evidentemente gli interventi sono insufficienti e il teatro, compreso l'edificio che lo contiene, sono giudicati irrecuperabili, pertanto vengono distrutti nel 1903. Soltanto grazie alle perizie effettuate dall'ingegner Ettore Tosatti prima della demolizione è possibile ricostruire l'antico edificio (cfr. Gulinelli, I teatri...1994, p. 30-32).
Nel 1905 viene affidato ad Arturo Prati, uno dei maggiori esponenti emiliani del rinnovamento modernista, il progetto dell'attuale Teatro Comunale, inaugurato nel 1907 con la rappresentazione di Mignon di A. Thomas. Grazie alle fotografie storiche conservate presso il Museo Civico di Modena (Album Prati) conosciamo il primitivo assetto di questo teatro giustamente definito: singolare, innovativo ed essenziale. La cavea aveva una struttura assai particolare caratterizzata da pianta ellittica, un ordine di palchi con sottili colonnine in ghisa e archi a sesto ellittico; quindi al secondo ordine vi erano tre soli palchi centrali racchiusi in una sorta di loggia decorata con motivi liberty, affiancata simmetricamente da semplici gradinate con ringhiere in ferro; infine al terzo ordine un loggione centrale di proporzioni contenute. Questo assetto, probabilmente di gusto troppo moderno, fu giudicato, dalla borghesia agraria di San Felice, inadeguato alle proprie esigenze. Quindi, pochi anni dopo, nel 1923-24 completamente modificato su progetto di Emilio Giorgi (autore anche del teatro di Finale Emilia), il quale propose un impianto più tradizionale - lo stesso giunto fino ai giorni nostri - costituito da un primo ordine di galleria, due ordini di palchi e un loggione finale, che conservano il profilo ellittico. Fu modificato anche l'atrio d'ingresso, mantenendo solo il bel balconcino posto in corrispondenza dei palchi centrali, mentre furono eliminate le due brevi rampe che conducevano ai palchi di prim'ordine "la cui curva leggera evoca attacchi e snodi di matrice hortiana" (cit. Pesci, Liberty... 1988, p. 160). Quindi dell'opera di Prati restano, attualmente, soltanto la bellissima volta decorata a motivi floreali in puro stile liberty e pochi altri particolari, tra cui il lampadario centrale.
A partire dagli anni Cinquanta-Sessanta il teatro è stato utilizzato quasi esclusivamente come cinematografo, a tal fine una cabina di proiezione è stata ricavata nella saletta sovrastante l'atrio d'ingresso, destinata in origine a ridotto.
Si giunge così al 1984 quando l'Amministrazione Comunale decide di procedere al totale recupero dell'intera struttura per restituirla alle sue funzioni originarie. L'opera, avviata nel 1985 su progetto del professor Leonardo Lugli dell'Università di Bologna, e seguita dall'ingegner Stefano Castellazzi dell'Ufficio Tecnico Comunale di San Felice, è stata portata avanti per stralci e pur non essendo ancora del tutto completata ha consentito la riapertura del teatro nell'autunno del 1994. Oltre alle indispensabili opere di risanamento, manutenzione generale, adeguamento e messa a norma dell'intera impiantistica, grande cura è stata posta nella scelta delle colorazioni e nel restauro della volta. Restano ancora da effettuare la sistemazione del sottopalco, la tinteggiatura dei corridoi e la realizzazione del bar nel ridotto precedentemente occupato dalla cabina di proiezione. Inoltre deve essere completato il recupero di alcuni decori posti nell'atrio e nel vano scala facenti parte della struttura progettata da Prati.
(Lidia Bortolotti)