Museo civico dell’arte e della civiltà contadina
Travocial,
2014-03-24 07:47:37
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Il Museo di Andreis è nato nel 1981 su iniziativa dell’Amministrazione Comunale e grazie alla disponibilità degli abitanti che hanno prestato il materiale.Gli oggetti esposti sono databili dalla seconda metà del XIX alla prima metà del XX secolo.All’esterno del Museo spicca lo splendido orologio da torre del XVIII secolo che si trovava sulla torre campanaria della chiesa parrocchiale. È un capolavoro in ferro battuto lavorato a mano dalla struttura a gabbia d’uccello.Al primo piano dell’edificio, nel corridoio, notiamo il corredino per il neonato con abitini, cuffiette, scarpine, bavaglini, asciugamani e abiti femminili neri.Il colore nero ha caratterizzato l’abbigliamento femminile. All’inizio era un' usanza legata ai lutti subiti nella Prima Guerra Mondiale ma, nel corso tempo, è diventata un libera scelta prescindendo dalle perdite familiari.Nella stanza vicina al corridoio troviamo la vecchia cucina col focolare, il paiolo, piatti, posate, l’antenato del girello per il bambino e il filatoio.Interessante è la fretola, una cassettiera di legno portatile usata dai venditori ambulanti di mercerie chiamati cremars. La fretola conteneva un pò di tutto: colori per stoffe, fili, aghi, pettini e molte altre cose di uso quotidiano che i cremars, numerosi e attivi, vendevano a domicilio anche al di fuori del territorio comunale.Andreis era rinomato per la lavorazione dell’osso ricavato dalle corna di toro adulto. È una forma di artigianato molto antica che si è estinta a metà degli anni Cinquanta. Con l’osso si facevano pettini e tabacchiere che erano venduti anche a largo raggio. Si dice, infatti, che qualche venditore sia arrivato fino a Istanbul.Una tradizione singolare di Andreis di cui il Museo ci offre testimonianza sono le raganelle pasquali o craceles. La raganella è uno strumento formato da una ruota montata su un perno, attorno alla quale è fissato un telaio con una lamina che strisciando contro i denti della ruota emette un suono stridente. Il Giovedì Santo, dopo il Gloria e fino alla domenica di Pasqua, le campane vengono legate e il loro suono per richiamare la gente alle funzioni, è sostituito dalle raganelle. Un’altra particolarità sono le maschere in legno che erano indossate a Carnevale, tradizione questa diffusa anche in Carnia e in Carinzia. Nel Museo troviamo gli unici esemplari rimasti di queste maschere, le cui origini e significato sono sconosciute. Non rappresentano il volto dei personaggi della Commedia dell’Arte, ma facce con espressioni accigliate e grottesche che forse vogliono sottolineare gli stati d’animo umani dove si nasconde drammaticità e comicità.Infine, ricordiamo la bottega del fabbro Barba Anzal (zio Angelo).L’edificio è stato da poco restaurato. Gli attrezzi del mestiere sono stati messi come Anzal li aveva lasciati prima della scomparsa. Vediamo la fucina, il mantice, l’incudine, il martello, le tenaglie e molte altre legate al vecchio mondo rurale. Egli era un fabbro molto versatile perchè forgiava sia oggetti di uso quotidiano ma anche cose singolari come le fedi nuziali.