Chiesa di San Bartolomeo
Travocial,
2015-04-24 06:04:27
2015-04-24 06:04:27
La chiesa di S. Bartolomeo appartiene all'antico ed importante complesso abbaziale fondato nel 962, per volontà del conte di Penne Bernardo, nella Valle della Nora, a poca distanza dall'abitato di Carpineto. Dei locali dell'abbazia non rimangono che brevi tracce, mentre la chiesa restituisce ancora oggi il suo interessante volto medievale, grazie anche al restauro condotto negli anni Settanta del Novecento dalla Soprintendenza. Notizie importanti circa la fondazione e le proprietà dell'abbazia benedettina si traggono dalla cronaca redatta fino al 1193 dal monaco Alessandro (Chronica monasterii S. Bartholomei de Carpineto, auctore Alexandro monaco, in Ughelli F., Italia sacra sive de Episcopis Italiae et Insularum adiacentium, vol. X, Venezia 1722, parte II, coll. 349-388) nella quale, tuttavia, non si fa alcun cenno a vicende costruttive o riedificazioni, nonostante l'analisi delle strutture inducano gli studiosi a datare le parti più antiche dell'edificio proprio al XII secolo. A tale data può assegnarsi la facciata, particolarmente suggestiva per via del portico dalla fitta cortina di pietre, aperto da due piccoli fornici leggermente arcuati disposti in maniera asimmetrica. Accanto si erge un torrione che per la massiccia mole sembra un'opera di difesa piuttosto che una torre campanaria; inoltre un elegante campanile a vento è impostato sul tetto in corrispondenza dell'arco di trionfo della navata centrale. L'elemento di maggiore interesse è sicuramente l'unico portale che immette nella chiesa, 'opera originalissima' come la definì il Gavini (Gavini 1927, 1980). La composizione è invero molto semplice, solo una larga cornice inquadra il portone ma i rilievi che la ornano dispiegano una originalità creativa tale da rinnovare la tipologia del tralcio abitato. Il motivo, che si dispiega dagli stipiti all'architrave, trova il precedente nel portale della basilica di S. Pelino a Corfinio e negli architravi del pulpito di S. Maria a Bominaco. Questo ultimo esempio rappresenta l'episodio formale più vicino a Carpineto per l'inserzione di figure animali tre le volute del tralcio, che nel nostro portale diventano il vero e proprio fulcro della composizione. Il tralcio nasce da un fascio di foglie di acanto, come accade a Corfinio, e da una capretta che si contorce a brucare la foglia mentre allatta un cucciolo. Gli animali, reali o tratti dal bestiario medievale, si dispiegano tra le volute in pose estremamente dinamiche, che suggeriscono il movimento naturale, assumendo 'un tono quasi frenetico' (Gandolfo 2004). Gli artisti esecutori dimostrano la volontà di restituire movenze e gesti tratti dall'osservazione diretta del modello, dal reale, piuttosto che dalla sua rappresentazione, allontanandosi dalle formule convenzionali dei repertori di bottega (Gandolfo 2004). Il rilievi sono datati alla fine del XII secolo; il 1193, anno con cui si ferma la cronaca redatta dal monaco Alessandro, nella quale non si trova alcun riferimento ai lavori di facciata, può esser considerato il termine post quem. L'impianto della chiesa riproduce lo schema basilicale adottato in S. Clemente a Casauria, dal quale si discosta nel capocroce per l'utilizzo di un linguaggio architettonico di più chiara derivazione gotico-borgognona. La chiesa presenta un impianto a sala, ossia le tre navate, divise da tre archi a tutto sesto ricadenti su pilastri rettangolari, hanno pari altezza: si tratta di una tipologia diffusa prevalentemente oltralpe, che pure trova in Abruzzo diverse utilizzazioni. Tre archi a sesto acuto separano lo spazio dell'aula longitudinale dal presbiterio rialzato, composto dal transetto sporgente, dal coro rettangolare e dalla cripta tripartita da tozzi pilastri quadrangolari. Il transetto, diviso in tre campate rettangolari, è coperto da volte a crociera costolonata ricadenti su pilastri polistili ed è illuminato nelle testate da due rosoni, uguali in forme e dimensioni al rosone che apre nel capocroce. Se la struttura dell'aula può essere assegnata al XII secolo, la zona presbiteriale, così aperta al linguaggio borgognone, è datata a ragione dagli studiosi al primo Duecento. La decorazione plastica delle cimase e dei capitelli rimanda al repertorio figurativo utilizzato in S. Clemente a Casauria, sia nello stile che nelle forme (palmette, tralci, volute); allo stesso modo la mostra dell'arco trionfale propone il motivo a bastone spezzato già adoperato nel portico di Casauria, aggiungendo ai lati due grandi fiori a rilievo. Le monofore del presbiterio sono ornate da esili colonnine tortili interrotte al centro da un anello che in alcune segna lo sviluppo inverso della spirale; gli archivolti sono decorati da stelline, fiori, torciglioni e palmette e terminano su lunghi capitelli ad alberello centrale. Sono datate al X secolo le quattro colonnine (cinque fino al primo dopoguerra) che sorreggono la mensa d'altare, dai bei capitelli a stampella ornati da figure animali.