Palazzo Ajutamicristo
Travocial,
2014-03-18 09:56:24
2014-03-18 09:56:24
Il Palazzo prende il nome da Guglielmo Ajutamicristo, barone di Misilmeri e di Calatafimi, che l'aveva fatto costruire per la sua famiglia tra il 1495 ed il 1501. Questi, banchiere di origine pisana, arricchitosi nel giro di qualche decennio con il commercio di formaggi e di cereali siciliani, stanco di abitare nell'arabo castello di Misilmeri, da tempo desiderava realizzare nella capitale una "domus magna" che bene potesse rappresentare la sua ricchezza e che risultasse da ornamento e decoro alla città stessa. L'occasione gli fu offerta dall'arrivo a Palermo del celebre architetto Matteo Carnilivari (già autore del Palazzo Abatellis, oggi Galleria Regionale della Sicilia), al quale egli affidò la fabbrica del suo palazzo sulla strada di Porta Termini. Ma, a causa dell'eccessiva spesa, il palazzo venne realizzato solo in parte, modificando i grandiosi piani stabiliti all'inizio. Lo storico palazzo fu in quel tempo la dimora prediletta di ospiti illustri. Nel 1500 ospitò la regina Giovanna, moglie del re Don Ferrante di Napoli; nel 1535 vi soggiornò l'imperatore Carlo V, non potendo alloggiare nel Palazzo Reale non adatto alla sua magnificenza; nel 1544 vi dimorò Muley Hassan, re di Tunisi, poco prima di essere accecato da suo figlio Ajaja; nel 1576 vi fu ricevuto Don Giovanni d'Austria, fratello del re Filippo II, vincitore della battaglia di Lepanto alla quale aveva preso parte anche l'ammiraglio Marcantonio Calefati con la flotta pisana. Nel 1588 Margherita Ajutamicristo concesse il palazzo a Francesco Moncada, primo principe di Paternò, per il canone di 390 onze annuali, concessione che ben presto si tramutò in proprietà. Nell'800 i Moncada vendono il Palazzo alle famiglie Calefati di Canalotti e Tasca d'Almerita; a tutt'oggi la famiglia Calefati detiene la sua parte di proprietà, mentre l'altra metà è stata acquistata dalla Regione Siciliana e sarà, a breve, sede della Soprintendenza per i Beni culturali. I lavori, curati dall'architetto Lina Bellanca, dirigente dell'ufficio, sono stati commissionati dalla sovrintendenza e sono durati tre anni circa. L'obiettivo è stato mantenere, laddove è stato possibile, lo stato originario sia della struttura quattrocentesca, più volte rivista nel corso dei secoli dai proprietari (Aiutamicristo, Moncada, Tasca, Canalotti), della pavimentazione di maioliche siciliane, di parte degli affreschi ritrovati sulle pareti, che in un primo momento saranno protetti da uno strato di cartongesso e delle splendide volte lignee. E' in fase di completamento il giardino prospicente l'ingresso del museo delle carrozze della collezione Martorana, a piano terra.