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Teatro comunale Ebe Stignani

Travocial,  
2016-03-01 08:39:59
Dal 1798 al 1812, dopo che un grande incendio aveva distrutto il Teatro dei Cavalieri Associati progettato da Cosimo Morelli, fu adibita ad uso di pubblici spettacoli la Sala Comunale, attualmente sede del Consiglio. Si trattava di una struttura in legno, formata, oltre che dalla platea, da tre ordini di ringhiera. L'esigenza di avere un nuovo teatro spinse, nel 1810, un gruppo di facoltosi imolesi ad acquistare la soppressa Chiesa di S. Francesco, coll'intento di trasformarla debitamente. Giuseppe Magistretti, ingegnere imolese, fu incaricato dei lavori, che terminarono nel 1812. Nell'agosto dello stesso anno, in occasione della locale stagione di fiera, il teatro fu inaugurato. Tre anni dopo papa Pio VII, recuperato lo Stato Pontificio, ne ordinò la chiusura perché il nuovo teatro era stato costruito in un locale originariamente dedicato al culto, anche se reso ormai da diverso tempo profano. Per sedici anni gli imolesi dovettero adattarsi nuovamente al teatro provvisorio, sistemato nella Sala Comunale; nel quale peraltro si svolsero regolari corsi di recite. Solo nel 1831 il conte Cesare Codronchi Angeli ottenne da Gregorio XVI la riapertura del nuovo teatro. Quindi furono avviati urgentemente gli indispensabili lavori di restauro. Durante il carnevale dello stesso anno, la compagnia comica Colomberti - che agiva nel teatro provvisorio - mise in scena lo spettacolo d'apertura, La grande seduta criminale convocata in Calais contro Ernestina Clerck, precisamente la sera dell'8 febbraio. Nel mese di agosto si aprì la prima stagione lirica. In pochi anni il nuovo teatro di Imola acquistò una certa fama, che si allargò oltre i limiti del ristretto ambito regionale. Progressivamente aumentò il numero di artisti importanti che vi si esibirono; la programmazione, quasi tutta basata su opere liriche, raggiunse un ottimo livello. Da ricordare la rappresentazione di Il Barbiere di Siviglia di Rossini, data nel 1837 con la direzione di G. Gaspari e la partecipazione del basso G. Zucchini. I vertici furono raggiunti con L'elisir d'amore di Donizetti nel 1842, la Sonnambula di Bellini nel 1843 e la Lucrezia Borgia sempre di Donizetti (divenuta Eustorgia da Romano per censura pontificia). I soci proprietari del nuovo teatro decisero di venderlo al Comune nel 1846 (da quel momento diverrà, appunto, Teatro Comunale). Si continuò a rappresentare importanti opere liriche fino al 1852, quando il teatro venne temporaneamente chiuso per essere completamente restaurato. Gli amministratori Codronchi e Pagani pregarono l'ingegnere G. Bianconcini di assumere la direzione dei lavori. Quanto alla ristrutturazione del coperto e del plafone, fu incaricato l'ingegnere comunale Antonio Cerchiari. Infine, affinché tutto fosse eseguito nel miglior modo possibile, fu invitato a Imola, per fare un sopralluogo ed esprimere un prezioso parere, il professore Filippo Antolini (figlio del più celebre Giovanni Antonio). All'esame dello stesso Antolini furono sottoposti anche i disegni per la decorazione, affidata al pittore imolese Francesco Galassi. Quest'ultimo fu condotto a Modena e a Ferrara, per esaminare quei teatri, al fine di dirigere la sua opera ed apporre al disegno quelle modifiche che lo avrebbero reso più armonioso e leggiadro, si da incontrare l'approvazione dell'illustre maestro. Al pittore figurista Paolo Sarti fu affidato l'incarico di dipingere le figure femminili del plafond del teatro. Egli propose di affrescare otto Muse: la Tragedia, la Commedia, la Danza, la Musica, la Declamazione, la Poesia Amorosa, la Poesia eroica e la Storia. Il Consiglio accondiscese al progetto. Il teatro poté riaprire al pubblico nell'estate del 1855, con la rappresentazione del Macbeth di Verdi. Da allora l'attività riprese con una certa regolarità, se escludiamo le parentesi di chiusura del 1859 e del 1866, quando, per i fermenti risorgimentali prima e la terza guerra d'indipendenza dopo, il teatro dovette chiudere temporaneamente. Sulle scene imolesi continuarono ad alternarsi compagnie liriche e di prosa, varietà, operette, recite dialettali, spettacoli d'illusionismo, Nel 1899 vi recitò Ermete Zacconi, la cui compagnia tornò ad Imola nel 1905 per presentare La città morta di D'Annunzio e Gli spettri di Ibsen, e nel 1908 Il nuovo idolo. Negli anni 1912 e 1914 ottenne buoni successi la compagnia di Ermete Novelli. Nel 1922 la lirica trionfò con il Mefistofele di Arrigo Boito. L'anno successivo fu la compagnia di Sem Benelli ad ottenere consensi. Dopo il 1931 il teatro fu fatto chiudere perché non rispondeva alle nuove norme legislative di pubblica incolumità. L'Amministrazione fascista dell'epoca non ritenne opportuno dare corso ai lavori di adeguamento, quindi la guerra, poi gli anni della ricostruzione in cui occorreva rispondere ai bisogni primari della popolazione hanno ulteriormente rimandato il recupero di questo edificio, cui si metterà mano solo alla fine degli anni Sessanta. Pertanto il teatro ha riaperto i battenti soltanto nella primavera del 1974 con la compagnia di ballo di Antonio Gades. L'indispensabile restauro ha mantenuto la struttura e le decorazioni eseguite alla metà del secolo scorso. La sala, a pianta ellittica, presenta tre ordini di palchi, più il loggione; i palchi sono suddivisi da pilastrini che il progetto del 1853 prevedeva ricoperti in finto marmo (broccatello di Spagna) con mascheroni contornati da foglie dorate come capitelli. Di gusto neoclassico è la semplice ed elegante decorazione a festoni e ghirlande dipinta a monocromo e in stucco dorato, che corre lungo i palchetti e adorna l'arco di proscenio. Il soffitto conserva le Muse affrescate dal Sarti, al centro è collocato un lampadario in cristallo, mentre il resto dell'illuminazione è ad appliques. Il palcoscenico ancora ampio benché ridotto rispetto alle dimensioni originali, non conserva più le attrezzerie ottocentesche, ed è stato modernamente ricostruito con strutture in ferro. Esternamente la facciata presenta un breve porticato a tre arcate, il quale sorregge una terrazza su cui danno tre porte-finestre timpanate intervallate da lesene, il tutto sormontato da una fascia di coronamento. Le fiancate e il lato posteriore conservano tuttora elementi architettonici che designano l'origine ecclesiastica dell'edificio. Oltre al teatro sono qui collocati la Biblioteca Comunale e l'Archivio Storico. Diretto in modo assai intelligente dalla riapertura all'attualità il teatro è andato qualificandosi come uno dei più vivaci della regione, il cartellone ha presentato ad ogni stagione un denso programma di prosa, concerti, spettacoli di vario genere. Dal 2004 il teatro è chiuso per improrogabili interventi di adeguamento e restauro e la programmazione degli spettacoli si svolge regolarmente al locale Teatro dell'Osservanza. Compiuti i restauri nel marzo 2010, il teatro ha ripreso l'attività la sera del 6 aprile con uno spettacolo inaugurale del Pilobolus Dance Theatre Shadowland. (Lidia Bortolotti)





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