Museo archeologico nazionale di Napoli
Travocial,
2015-07-17 10:35:51
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Il primitivo impianto dell’edificio, rimasto incompiuto e destinato alle Scuderie Vicereali, di cui resta oggi solo il portale in piperno sul lato occidentale lungo via Santa Teresa, fu costruito nel 1585 per ordine del viceré di Spagna, don Pedro Giron, dall’architetto Giovanni Vincenzo Casale. La struttura venne trasformata, tra il 1610 ed il 1615, ad opera dell’architetto Giulio Cesare Fontana, al fine di trasferirvi gli Studi (antica Università). Il progetto iniziale, che prevedeva la realizzazione di una fabbrica caratterizzata da un corpo centrale a due piani, sopraelevato rispetto alle due ali laterali ad un solo livello, non fu portato a termine essendone stati completati solo l’ala occidentale ed il corpo centrale. La facciata, riccamente decorata, presentava una successione di finestre e nicchie alternate, interrotta soltanto dal portone principale e dai due secondari laterali. Le finestre, con cornici variamente ornate, erano sormontate da vasi marmorei situati sui frontoni e da medaglioni con mezzi busti, mentre nelle nicchie erano statue antiche con integrazioni moderne. Il cornicione del palazzo era completato da una balaustrata in marmo con vasi e pinnacoli. Anche il corpo centrale era sormontato da statue ai lati del timpano, e da vasi ed obelischi ad affiancare una piccola struttura ad arco con la campana dell’orologio. Nell’edificio l’Ateneo napoletano rimase per oltre un secolo e mezzo fino al suo trasferimento nel Real Convitto del Salvatore nel 1777.
Sul finire del Settecento gli architetti Ferdinando Fuga, prima, e Pompeo Schiantarelli, poi, si apprestarono ad ampliare il vecchio Palazzo degli Studi per convertirlo a Museo universale, secondo il modello culturale enciclopedico allora in voga: «per uso del Real Museo di Portici, la Quadreria di Capodimonte, la Gran Libreria Publica, le Scuole per le tre Belle Arti (Pittura, Scultura ed Architettura), e la Stanza per lo studio del Nudo». In questi anni il Palazzo perse quasi tutte le sue decorazioni scultoree e, innalzato di un piano, assunse l’aspetto più compatto ed imponente che ancora oggi lo caratterizza. I laboratori per le Scuole di Belle Arti furono collocate nelle stanze dell’ala orientale del primo piano articolate intorno al grande Salone della Meridiana, così chiamato per la presenza di un orologio solare installatovi quando in origine l’ambiente fu destinato ad Osservatorio astronomico. La sala, affrescata da Pietro Bardellino con un’epigrafe celebrativa ed una scena allegorica dedicata a Ferdinando IV insieme alla moglie Maria Carolina come protettori delle scienze e delle arti, nonché, alle pareti, diciotto tele di Giovan Battista Draghi di soggetto storico, fu poi trasformata in Biblioteca. Tra il 1821 ed il 1825 l’architetto Pietro Bianchi, dopo averne terminato i lavori di restauro, completò l’edificio, con l’ampliamento dell’angolo nord-orientale, curando inoltre la sistemazione della statua di Ferdinando I di Borbone raffigurato sotto le spoglie di Minerva, eseguita da Antonio Canova, in una nicchia appositamente disegnata nel mezzo dello scalone monumentale del Museo.
Il primo allestimento del Real Museo Borbonico, intrapreso da Michele Arditi nel 1807, poté considerarsi concluso nel 1830 secondo i criteri dell’epoca, tipologici e per classi di materiali, con l’aggiunta di altre immissioni per donazione o acquisto e dai reperti provenienti dagli scavi eseguiti nei territori del Regno di Napoli.
Nel 1860, con l’Unità d’Italia, il Real Museo Borbonico divenne proprietà dello Stato, assumendo la nuova denominazione di “Museo Nazionale”. Tra il 1863 ed il 1875 oltre ad arricchirsi della notevolissima collezione Santangelo, esso venne completamente riordinato da Giuseppe Fiorelli, secondo un criterio tipologico. Alla nuova riorganizzazione operata da Ettore Pais tra il 1901 ed il 1904 fecero seguito sistemazioni di singole collezioni, rese possibili anche dalla disponibilità di nuovi spazi creatisi con i trasferimenti, nel 1925, della Biblioteca nel Palazzo Reale di Napoli e, nel 1957, della Pinacoteca nell’attuale Museo di Capodimonte. Rimasero così in questa sede soltanto le ricche collezioni di antichità, cosicché il Museo iniziò ad assumere la sua odierna identità di Museo Archeologico. L’edificio museale è anche sede della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei.