Museo della città di Rimini
Travocial,
2015-12-18 12:26:38
2015-12-18 12:26:38
Fulcro dell'insieme delle istituzioni culturali riminesi, il museo è stato istituito nel 1990 accorpandovi le collezioni civiche già esistenti a Rimini: la raccolta archeologica, sistemata da Luigi Tassini nel 1844, e la pinacoteca, fondata nel 1924. Dotato di moderni servizi didattici ed informativi, il museo custodisce materiali provenienti da scavi e ritrovamenti archeologici, edifici demoliti, depositi e donazioni che documentano la storia di Rimini e del suo territorio. Primo nucleo delle civiche raccolte fu il lapidario, sistemato nel 1981 nel cortile interno del collegio per cura di Giancarlo Susini e Angela Donati. Si tratta di 68 iscrizioni dal I secolo a.C. al IV d.C. Oltre ad importanti stele funerarie e basi onorarie vi figurano frammenti architettonici ed elementi di notevole interesse edilizio, come nel caso dell'iscrizione riguardante la lastricatura delle strade riminesi promossa da Gaio Cesare. La sezione archeologica si snoda a partire dai sotterranei del Collegio dei Gesuiti, ove in una quarantina di sale viene rivisitata l’intera storia di Rimini, dalle prime testimonianze di Homo erecus rinvenute sul colle di Covignano, sino alla fondazione di Ariminum nel 268 a.C. da parte dei Romani e lo sviluppo della città in età repubblicana e medio-imperiale. Il percorso prosegue poi con un approfondito sguardo sul divenire storico di Rimini in epoca imperiale, durante il II e III sec. d.C. Alla variegata e bellissima serie dei mosaici romani, fra cui il celebre mosaico "delle barche" dalla domus di Palazzo Diotallevi e il mosaico "di Anubi", si uniscono il rarissimo quadro in pasta vitrea policroma raffigurante pesci e il più ricco corredo chirurgico dell'antichità, scoperti entrambi nella vicina Domus del Chirurgo che, recentemente musealizzata, costituisce il naturale proseguimento esterno dell'itinerario museale.Il percorso museale si dipana in una settantina di sale dislocate su tre piani. La sezione storico-artistica, con circa cinquecento opere esposte, consente di visitare compiutamente il cammino artistico riminese dal XIV al XIX secolo, che si apre con la celebre scuola del Trecento rappresentata da Giuliano e Giovanni da Rimini e dei loro allievi. Alla stagione malatestiana rimandano la celebre Pietà di Giovanni Bellini (1460) e l'altrettanto nota pala di S. Vincenzo Ferreri del Ghirlandaio (1494), cui fanno seguito opere di Benedetto e Bartolomeo Coda, (come la pala di Benedetto Coda Madonna col Bambino e Santi, e L'Ultima cena di Bartolomeo Coda) Bagnacavallo, Mastelletta, Salvator Rosa, Guercino, Cagnacci, Maffei, Piazzetta, Marchetti, Pittoni e Bigari. Una sezione è dedicata al pittore riminese dell'ottocento Guglielmo Bilancioni; due sale sono invece riservate ai disegni, ai dipinti e alle opere grafiche di René Gruau, artista che ha lavorato con i più grandi sarti tra cui Dior, Chanel, Givenchy e Balenciaga. Tra le testimonianze della storia locale si segnalano inoltre i nove arazzi che ornavano le sale comunali, tessuti ad Anversa nel XVIII secolo su cartoni di A. van Diepenberk; il celebre "saracino" utilizzato nelle giostre del Seicento e la serie degli stemmi (secc. XVI-XVII) provenienti dai più importanti palazzi cittadini insieme ad altri frammenti lapidei. L'importanza della città di Ariminum, la più precoce delle fondazioni romane dell'Emilia-Romagna, è perfettamente sottolineata nella sezione archeologica da un succedersi di temi che costituiscono una completa presentazione della città, dei suoi rapporti con la madre-patria Roma, della sua organizzazione politico-sociale, della sua fiorente economia e delle altrettanto fiorenti attività produttive. Una straordinaria selezione di materiali ne documenta le forme di artigianato, rievoca gli ambienti domestici con i relativi arredi, attrezzature e suppelletti preziose riproposti attraverso gli oggetti provenienti dalle ricche domus cittadine, esalta i rapporti intrattenuti dalla città portuale con il mare e i traffici intercorrenti con l'Oriente e l'Africa, ricostruisce le forme di culto pubblico e privato, presenta alcune grandi evidenze architettoniche urbane come l'anfiteatro. Un posto di rilievo assoluto meritano le ricostruzioni relative alla Domus del Chirurgo, della quale si presentano al pubblico il facsimile di alcune stanze: lo studio medico, la stanza da letto, la sala da pranzo con la mobilia, le pavimentazioni, le decorazioni, le suppellettili accertate nel corso dello scavo archeologico. La domus era infatti dotata di preziosi apparati quali mosaici, intonaci e decorazioni parietali variopinte e preziose. Come è noto, le indagini ivi condotte hanno permesso anche il recupero del corredo professionale del chirurgo quasi completo, il quale rappresenta una fondamentale testimonianza materiale e culturale della pratica medica nell'antichità. Nel suo insieme la domus costituisce un raro caso di complesso ambulatoriale che alla residenza del medico unisce ambienti destinati al ricevimento, alla visita e alla cura dei pazienti, nonché spazi utilizzati per la preparazione dei medicinali.