Museo sansossiano di arte sacra
Travocial,
2012-02-26 07:57:51
2012-02-26 07:57:51
Il Museo è stato istituito il 26 novembre 1996 su impulso del parroco Monsignor Sossio Rossi e di quanti hanno deciso, con lui, di investire nel ruolo che una simile struttura assume nel processo di crescita di una comunità. Locato nella cripta della Basilica Pontificia di San Sossio L. e M., il Museo espone circa cento beni storico-artistici. L’esposizione si snoda lungo le pareti della navata unica e del transetto con una superficie di circa mq 251.
La selezione degli oggetti esposti è avvenuta in base al principio dell’appartenenza ad una serie – cioè per tipologie di manufatti – e l’ordinamento si rifà a criteri di tipo classificatorio, per la costruzione di un percorso esclusivamente didattico. Accordato al tono severo e scarno della cripta, l’allestimento segue una linea sobria ed essenziale, ma funzionale alla valorizzazione degli oggetti, e riesce ad armonizzare le due esigenze primarie dell’esposizione, ovvero la conservazione e la fruizione. Il Museo espone opere di natura differente, ognuna rappresentativa di aspetti salienti della secolare storia della chiesa frattese e del suo territorio: lapidi e frammenti marmorei collocabili tra il XV ed il XIX secolo; una piccola raccolta di argenteria sacra, riconducibile al periodo che va tra il XVIII e la prima metà del XX secolo; la raccolta di paramenti liturgici, databili tra il XVII e il XIX secolo, è attualmente in deposito.
Prima del percorso di visita, è la sezione Marmi. Essa propone molteplici opere, tra cui un lavabo cinquecentesco, alcuni stemmi, sia nobiliari che religiosi, due paliotti in marmi intarsiati e angeli reggicandelabro di cultura settecentesca. Destano maggiore interesse i frammenti nei quali sono stati riconosciuti i resti di tre altari settecenteschi (distrutti nell’incendio del 1945 e documentati solo da fotografie dell’epoca) eseguiti da una famiglia di marmorari napoletani: l’altare maggiore, di Giovan Battista Massotti (documentato dal 1725 al 1767), e gli altari del Rosario e del Crocifisso, realizzati dal figlio Giacomo (documentato dal 1750 al 1780).
Altra sezione è quella degli Argenti, che, sebbene non dotata di un numero elevato di pezzi, comprende oggetti di pregevole qualità eseguiti da alcuni dei migliori argentieri napoletani. Tra quelli che meritano particolare attenzione dobbiamo ricordare i candelieri d’altare del 1704 di Aniello Treglia, che propongono le forme di un barocco tipicamente partenopeo, fatto di cherubini, volute e motivi vegetali. Degno di menzione per la finezza delle sue forme è un turibolo del 1750, di cui un punzone, benché abraso, accosterebbe alla produzione di Domenico Giordano. Rilevante è l’insieme composto dall’ostensorio, il calice, la patena e la teca eucaristica, ascrivibile al 1827, di cui iscrizioni e stemmi rinviano alla committenza del vescovo Michele Arcangelo Lupoli (1765-1834); su alcuni di essi compare anche il punzone dell’argentiere Giovanni Casolla.