Certosa di San Giacomo
Travocial,
2016-06-13 13:34:33
2016-06-13 13:34:33
Il complesso risale alla seconda metà del ‘300, per volontà del conte Giacomo Arcucci, Gran Camerario della regina Giovanna I d’Angiò, come testimonia il pregevole affresco che sormonta il portale di accesso alla chiesa, databile al 1371 circa ed eseguito dal pittore fiorentino Niccolò di Tommaso. Nell’affresco sono raffigurati la Vergine in trono con Bambino con il conte Giacomo Arcucci e la regina Giovanna I e i santi Giacomo e Giovanni Battista. L’impianto del monastero risponde a precise regole canoniche: “casa alta” o convento di clausura e “casa bassa” con i locali di servizio.
Oggi la Certosa presenta una stratificazione d’interventi che spesso si sono sovrapposti, trasformando anche il preesistente. La Certosa di San Giacomo si contraddistingue per i suoi volumi generosi, dalla chiara semplicità formale, priva di stuccatura e caratterizzata dalla plasticità delle strutture murarie e delle sue coperture, formate dalle volte estradossate.
A seguito delle incursioni piratesche, la Certosa subì gravi danni e, a partire dal 1563, fu oggetto di rilevanti lavori di restauro, come testimonia il tardo-rinascimentale chiostro grande. Nel XVII secolo vennero edificati il Quarto del Priore e la Spezieria. Nel 1808 la Certosa verrà soppressa e i suoi beni confiscati. Nel 1815 fu destinata a caserma, poi divenne ospizio per invalidi e dopo il 1860 fino al 1898 fu sede della V Compagnia di disciplina, costituita da anarchici e militari di cattiva condotta. L’ultimo atto, che molto influì sul futuro degrado del complesso, fu con l’Unità d’Italia, quando i beni e le rendite dei monaci certosini di Capri furono ceduti alla chiesa di Ischia.
Un progetto organico di restauro si ebbe a partire dal 1927, con il Soprintendente Gino Chierici, che riportò alla luce le originarie strutture trecentesche. Di recente la Certosa è stata oggetto di un intervento di restauro e di adeguamento impiantistico a cura della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Napoli e Provincia. Dedicata a San Giacomo, la chiesa è l’edificio più alto e perciò dominante l’intera struttura della Certosa, appartenente all’originario impianto trecentesco. Dal basso pronao ad arcata si passa nell’interno della chiesa a navata unica, divisa in tre campate, composte da mezzi pilastri e centine ad arco cordonate, concluse dalla suggestiva sequenza delle volte a crociera dallo spigolo vivo e terminante, sul fondo dell’aula, in un’abside semicircolare di epoca successiva.
Nell’angolo interno dell’arco ogivale, una colomba, dipinta direttamente su marmo simboleggia lo Spirito Santo. Le navate e il soffitto presentano frammenti di affreschi della prima decade del 1700. Il chiostro grande costituisce la parte centrale del nucleo detto “casa alta”, cioè lo spazio riservato alla clausura, intorno al quale sono disposte le dodici abitazioni dei monaci, realizzato su disegno di Giovanni Antonio Dosio, presenta archi a tutto sesto poggianti su robusti pilastri. Lungo uno dei tre lati della galleria si trova l’accesso al chiostro piccolo, testimonianza trecentesca della Certosa di San Giacomo. Qui le arcate poggiano su esili pilastrini con capitelli di spoglio di età romana e bizantina, liberati durante il restauro del Soprintendente Gino Chierici.
Al di sopra della galleria che lo circonda, appare la mole barocca della “torre dell’orologio”, a base quadrata, sormontata dalla cuspide triangolare. Situato a destra del chiostro grande, il Quarto del Priore, realizzato nella prima metà del seicento, è l’abitazione della guida spirituale della comunità certosina. Intorno al chiostro grande sono disposte le dodici abitazioni dei Padri costituite da un piccolo edificio su due livelli, coperto da una volta a crociera estradossata simboleggiante la croce, ed erano divise in: Ave Maria, stanza in cui era collocata una statua della Vergine, e cubiculum, dove si svolgeva la maggior parte della vita semplice di clausura. Ciascuna casa era poi dotata di un piccolo giardino circondato da alte mura.
All’interno della prestigiosa Certosa, il museo venne inaugurato nel 1974, grazie alla cura dell’allora soprintendente Raffaello Causa. Intitolato al pittore simbolista K. W. Diefenbach (1851–1913) - di cui ospita i dipinti che dalla sua morte giacevano in alcuni locali della certosa – il museo rappresenta l’omaggio che Capri volle rendere all’artista che ivi soggiornò dal 1900 alla morte. Nel museo sono allestiti grandi dipinti dai soggetti disparati, che con il loro simbolismo visionario connotano fortemente lo spazio, rendendolo di grande impatto emotivo per il visitatore. Delle trecento opere eseguite nell’arco dei tredici anni trascorsi a Capri, fino alla morte, una parte è stata generosamente donata allo Stato dai suoi eredi e oggi è possibile visitare la collezione comprendente le 31 tele, 5 le sculture in gesso ed un ritratto del pittore dipinto da Ettore Ximenes. Nel museo sono inoltre custodite le statue di epoca romana raffiguranti divinità marine rinvenute nella Grotta Azzurra.