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Museo di San Domenico di Imola

Travocial,  
2015-02-11 15:42:31
Il complesso conventuale dei Santi Nicolò e Domenico, sede della Pinacoteca, è stato oggetto in questi anni di una attenta e complessa opera di ristrutturazione degli ambienti finalizzata ad accogliere in un'unica sede i Musei Civici di Imola. L'itinerario espositivo consente al momento di visitare esclusivamente gli ambienti della Pinacoteca Comunale, la cui collezione si compone di un centinaio di opere, prevalentemente di ambito bolognese, realizzate tra il XV e il XXI secolo. Il nucleo principale della collezione è stato arricchito dall'esposizione di ulteriori raccolte, tra cui quella dei disegni antichi, delle ceramiche medievali e moderne, delle monete e medaglie e del materiale lapideo. Il nuovo assetto espositivo prevederà poi la riapertura dello storico Museo Naturalistico Giuseppe Scarabelli, caso esemplare di allestimento museografico ottocentesco, rimasto per alcuni anni precluso alla visita ad esclusione di una sezione appositamente predisposta per le attività didattiche e l'allestimento del Museo Archeologico che consentirà di far emergere e valorizzare i risultati di oltre un secolo di ricerche condotte nel territorio imolese. Da ultimo, il Museo del Risorgimento, già ospitato nell'ex convento di San Francesco, è stato disallestito nel 2001 per un necessario adeguamento strutturale dei locali e i cimeli sono attualmente conservati presso il deposito dei Musei Civici.PINACOTECA COMUNALE Il primo nucleo della Pinacoteca Civica risale all'Iconoteca degli illustri imolesi, ovvero una galleria di ritratti, allestita dal medico imolese Luigi Angeli nel 1819 e tuttora visibile nel corridoio superiore della Biblioteca comunale. E' nel 1868, però, che si registra la data di nascita della Pinacoteca dopo che il sindaco Giovanni Codronchi Argeli aveva avviato la raccolta di dipinti e sculture di proprietà comunale, di privati e dei soppressi ordini religiosi e che vede per circa un decennio un'apertura quotidiana. L'attuale allestimento nell'ex convento di San Domenico risale al 1988 e propone la collezione, formata da opere di varie epoche e scuole, di vario formato e differenti qualità, in un percorso che ricollega le opere in museo con il patrimonio di edifici e documenti artistici presenti in città. La visita inizia con un gruppo di pregevoli affreschi quattrocenteschi; da notare il S. Cristoforo di Tommaso Cardello datato 1469, la Madonna in trono col Bambino e S. Antonio di Cristoforo Scaletti e l'interessante frammento con l'Annunciazione messo in luce proprio durante i lavori di recupero nel convento di San Domenico. Percorsa una lunga galleria che accoglie una serie di riproduzioni di dipinti un tempo presenti a Imola, ora in altre città in seguito a dispersioni e vendite, si accede all'antico dormitorio del convento dove è esposta la quadreria di soggetto religioso: ad artisti operanti nel Quattrocento, come il "Maestro del Trittico di Imola" ed il veneto Pelosio si affiancano opere cinquecentesche di artisti locali come Innocenzo da Imola e Gaspare Sacchi. La scuola bolognese è presente con il Martirio di Santo Stefano del manierista Samachini, con la tela seicentesca di D.M. Viani e un piccolo dipinto di Ubaldo Gandolfi. Completano il panorama delle opere di soggetto sacro alcuni dipinti di Lavinia Fontana (1522-1614) e del forlivese G. Zampa (1731-1808). Piccole celle monastiche ora ospitano opere da collezioni private; si segnalano due nature morte del Codino (primi decenni del XVII secolo) e quattro tele di paesaggi di G.G. Santi del 1685, il Ritratto di giovane gentiluomo di B. Cesi (1556-1629) ed un bozzetto di Ubaldo Gandolfi. Una serie di ritratti fra cui quello dei due bambini della famiglia Gommi di G. Zampa completano il panorama delle quadrerie private. Al termine del percorso la sezione dedicata all'arte contemporanea: ad artisti imolesi come A. Montevecchi, T. Dalla Volpe, A. Margotti, M.G. Dal Monte, G. Sartelli si affiancano opere di Guttuso, De Pisis, Casorati, Cantatore, Tilson. L’attività espositiva temporanea della Pinacoteca si articola tra il quadriloggiato e gli spazi adiacenti conosciuti come Chiostri di San Domenico e la vicina Rocca Sforzesca: nei Chiostri sono state organizzate le mostre Nuove presenze nell’arte italiana (1970), Intorno al Sessanta. Aspetti dell’arte italiana dopo l’informale 1958-1964 ( 1988), Andrea Raccagni. L’informale e Liberi 1945-1965 (1993), Germano Sartelli 1954-1994 (1994), Salgado. La mano dell’uomo (1996), Eccentrica (1999), Italo Zuffi. Profilati (1999), Sabrina Torelli. Complanari (2000), Sabrina Mezzaqui. Pensieri in sottofondo (2000), Tonino Gottarelli. La poesia si fa immagine (2000); nonché i Chiostri sono stati una delle sedi in cui si articolava la serie di Officine dedicate da Renato Barilli all’Emilia Romagna, all’Italia e all’America del nord. Si ricordano anche Inchiostro. Selezione artenati 2005, e il ciclo d’incontri Mission: possible con artisti e curatori di arte pubblica Roberto Daolio, Mili Romano (Cuore di Pietra) per Ad’a nel 2006, alla quale hanno partecipato fra gli altri nel corso del tempo, Maurizio Bolognini, cocacolascompany, Michael Fliri, Globalgroove, Michela Ravaglia, Antonio Riello, Petar Stanovic, Luca Vitone, Marco di Giovanni e Gian Domenico Sozzi. Il 2009 è stato l'anno della mostra "Mario Guido Dal Monte. Dal Futurismo all’Informale, al Neoconcreto, attraverso le avanguardie artistiche del Novecento" curata da Enrico Crispolti, mentre nel 2010 Eva Marisaldi col progetto "Cantiere/Cose mai viste" ha rivisitato gli spazi non accessibili del Museo. Nel 2011 si è svolta la mostra "Concorso piazza. Lo spazio sotto il cielo", dove sono stati presentati al pubblico i cinque progetti proposti per la realizzazione della nuova opera d'arte da porre in Piazza Matteotti a Imola. Tra i cinque (realizzati da: Alfredo Jaar, Studio Azzurro, Grazia Toderi, Luca Vitone e Krzysztof Wodiczko), due soli (quelli di Studio Azzurro e Krzysztof Wodiczko) sono stati scelti come finalisti e la mostra ha avuto come obiettivo quello di far scegliere ai cittadini imolesi il più meritevole e adeguato. L'ultima fase del progetto sarà quella della realizzazione e dell'inaugurazione della nuova opera d'arte, prevista per il 2012. MUSEO ARCHEOLOGICO NATURALISTICO GIUSEPPE SCARABELLI Il civico Museo di Storia Naturale e di Archeologia deve la sua fondazione, attorno alla metà del XIX secolo, all'iniziativa congiunta di un gruppo di scienziati imolesi capeggiati dal geologo e paleontologo Giuseppe Scarabelli. Le collezioni museali, fra le quali spicca la raccolta formatasi a seguito delle indagini condotte direttamente dallo Scarabelli in suolo imolese, pur avendo conosciuto col tempo aggiustamenti di assetto, non hanno subito sostanziali manomissioni e mantengono intatta un'indole museografica che è il riflesso più diretto del clima culturale entro il quale tale organismo conservativo si è caratterizzato. Le iniziali collezioni naturalistiche sono state integrate da quelle di archeologia, etnografia e culture extraeuropee. La fisionomia del museo, pur composita, mostra dunque una forte impronta naturalistica che gli deriva dall'essere i nuclei dedicati alle scienze naturali il segmento patrimoniale maggiormente caratterizzante. Si annoverano alcune raccolte di grandissimo valore, fra le quali vanno menzionate la collezione ornitologica composta specialmente da avifauna locale, la collezione entomologica Pirazzoli ricca di oltre ottomila specie, l'erbario Tassinari, l'interessante e suggestivo insieme di oggetti etnografici provenienti da diversi paesi del globo. Il settore naturalistico comprende, ancora, numerosi uccelli in forma tassidermizzata, coleotteri, rettili, una collezione di malacofauna locale, dal Mediterraneo e dal Mar Rosso, diverse campionature di minerali, fossili e pietre dure originarie della penisola italiana e di altre parti del mondo. Grande articolazione presenta la raccolta geologica e paleontologica costituita dallo Scarabelli. Fra le rocce, i fossili e i resti osteologici di maggiore rilievo scientifico si hanno i campioni delle varie formazioni geologiche marchigiane e dell'Appennino tosco-romagnolo, la flora e la fauna fossili delle filliti del Senigalliese, la celebre "Fauna di Imola" a mammiferi terrestri del Quaternario. Alle esplorazioni condotte dallo Scarabelli in territorio imolese si legano gli importanti nuclei archeologici del museo. Allo scienziato si debbono, infatti, la scoperta e lo scavo della Grotta del Re Tiberio e delle famose stazioni dell'età del Bronzo di Monte Castellaccio e S. Giuliano di Toscanella. A partire dal 1995, in coincidenza con il novantesimo anniversario della scomparsa dello Scarabelli, ha preso il via un progetto di recupero che, nel pieno rispetto filologico dell'impostazione voluta dal suo fondatore, oltre al ripristino espositivo, ha reso possibile sia la revisione scientifica del patrimonio geologico e archeologico, sia l'organizzazione di una serie di mostre e la stampa dei cataloghi delle collezioni. MUSEO ARCHEOLOGICO Il Museo archeologico sarà ospitato negli spazi espositivi del Museo di San Domenico. La nuova sistemazione permetterà di valorizzare i risultati di oltre un secolo di intense ricerche effettuate non solo nel Comune di Imola ma in tutta la fascia compresa tra i fiumi Senio e Sillaro, che appartenevano in età romana al centro di Forum Corneli. Gli scavi hanno restituito una considerevole quantità di materiale che ha arricchito la documentazione pertinente alla frequentazione antica del territorio, succedutasi dalla preistoria all'alto Medioevo. Il nucleo più antico è costituito dai materiali rinvenuti durante le esplorazioni ottocentesche di Giuseppe Scarabelli nella Grotta del Re Tiberio, sul Monte Castellaccio e a S.Giuliano di Toscanella, integrate poi dalle scoperte successive. In particolare l'ultimo trentennio ha restituito un complesso di reperti archeologici di grandissimo pregio ed interesse, è il caso delle scoperte effettuate a Pontesanto, con il rinvenimento di un nucleo abitativo e sepolcrale aristocratico di cultura villanoviana, e nell'ex cinema Modernissimo, dove sono stati individuati il foro e l'area sacra di epoca romana. A questi vanno aggiunte altre testimonianze che contribuiscono a migliorare la conoscenza del passato, il ritrovamento di impianti artigianali e commerciali, le tracce della viabilità urbana, l'individuazione delle risorse idriche e di strutture pubbliche, come dell'edilizia privata testimoniata dalle domus romane ritrovate nel centro storico. L'epoca tardoantica e alto medievale invece è documentata dai materiali di pertinenza ecclesiastica. MUSEO DEL RISORGIMENTO Inaugurato nel 1938 per iniziativa di Romeo Galli, bibliotecario e conservatore delle civiche raccolte artistiche della città di Imola, era situato al piano terra dell'ex convento di San Francesco, sede anche della Biblioteca comunale e del Teatro. Il nucleo iniziale è costituito dai materiali donati dal conte Antonio Domenico Gamberini (1831-1910), patriota e deputato nel 1859 dell'Assemblea delle Romagne, e da armi, uniformi, lettere, testimonianze iconografiche, bandi e proclami che documentano la partecipazione degli Imolesi alle vicende risorgimentali. Il percorso cronologicodei materiali parte dall'occupazione francese (1796-1814) e racchiude la documentazione su Pio VII Chiaramonti, che fu vescovo di Imola. Si passa quindi ai primi moti e alla prima guerra d'indipendenza (1821-1849) con cimeli e documenti su Giovanni Maria Mastai Ferretti vescovo di Imola poi papa Pio IX. Le vicende garibaldine sono largamente illustrate, mentre gli ultimi materiali sono dedicati al contributo degli Imolesi alle guerre coloniali e al primo conflitto mondiale. Non mancano alcuni reperti significativi dell'epoca fascista e della seconda guerra mondiale.





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