Teatro Caio Melisso
Travocial,
2016-03-01 08:08:22
2016-03-01 08:08:22
Il teatro si trova nel centro storico di Spoleto, nel suggestivo scenario di piazza Duomo, terrazzamento artificiale alle pendici di colle sant’Elia.
Discende, attraverso numerose trasformazioni, dal più antico teatro spoletino, il “Teatro Nobile”; i lavori di costruzione iniziarono nel 1657 quando l’Accademia degli Ottusi riuscì a ottenere uno spazio in una collocazione urbana estremamente interessante, tra l’Opera della Cattedrale e la chiesa di Santa Maria della Manna d’Oro.
Finemente decorato, contiene interessanti pitture ottocentesche realizzate dal perugino Domenico Bruschi.
La particolare collocazione, all’interno di piazza del Duomo, rende la visita ancora più suggestiva.
Nel suo aspetto attuale è opera di Giovanni Montiroli, 1877-1880, che corresse la curvatura a ferro di cavallo della sala, per migliorare la visibilità da parte del pubblico, e costruì tre ordini di palchi, abbattendo le vecchie strutture in legno.
Il pittore perugino Domenico Bruschi decorò il plafone con Apollo e nove Muse, intercalate da lunette con composizioni floreali sovrastate da putti monocromi, e il sipario raffigurante l’Apoteosi di Caio Melisso.
Il teatro è intitolato allo spoletino amico di Mecenate, bibliotecario di fiducia di Augusto, scrittore, commediografo, grammatico. E’ stato ripristinato nel 1958, dopo lungo abbandono, in occasione della prima edizione del Festival dei Due Mondi, con una revisione completa delle sue strutture fondamentali.
L’interesse per l’attività teatrale è da sempre molto viva a Spoleto, che nel Seicento dette i natali a numerosi commediografi tra cui Campello, Castelli, Lauri, Luparini e Vittori, nonché a Giovanni Gherardi, capostipite di una delle più famose genealogie di Arlecchini e comici dell’arte.
Nel 1817 Gioacchino Rossini partecipò, come suonatore di contrabbasso, ad una rappresentazione dell’Italiana in Algeri, facendo appena in tempo ad ammirarne le belle decorazioni settecentesche che vennero in parte distrutte ed in parte trafugate nel 1819 da ignoti fiorentini.