Certosa monumentale
Travocial,
2016-02-26 11:33:56
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Il Cimitero della Certosa di Bologna, tra i complessi monumentali più rilevanti d’Europa, venne istituito nel 1801 presso il monastero della Certosa di san Gerolamo di Casara, soppresso nel 1797. Questo edificio, fuori dalle mura cittadine e in zona periferica come prescritto dalla vocazione eremitica dell’ordine, era sorto nel 1334 grazie a un lascito del giureconsulto Giovanni d’Andrea; nel 1359 era stata consacrata la chiesa, arricchita nel tempo dalle committenze dei certosini. Molte e pregevoli furono le opere d’arte che la decoravano, come, ad esempio, il polittico di Antonio e Bartolomeo Vivarini dedicato al Beato Nicolò Albergati, confluito in età napoleonica alla Pinacoteca Nazionale di Bologna insieme a tele del Guercino e di Ludovico e Agostino Carracci. Restano nella collocazione originaria grandi pale di Bartolomeo Cesi, Giovanni Andrea ed Elisabetta Sirani, Lorenzo Pasinelli, Domenico Maria Canuti, Giovanni Maria Galli Bibiena e del napoletano Nunzio Rossi. Pregevole il coro intarsiato da Biagio de’ Marchi (1538). Nel primo decennio del XVII secolo Tommaso Martelli progettò il campanile maggiore, mentre nel 1768 Gian Giacomo Dotti disegnò l’ingresso monumentale del monastero, Casa primaria di tutto l’Ordine dal 1792. Nel 1869 suscitò viva impressione il ritrovamento, in quello stesso sito, di un importantissimo sepolcreto etrusco identificato da Antonio Zannoni: 417 furono le tombe dalle quali provengono i materiali accorpati nella sezione etrusca del Museo Civico Archeologico di Bologna, punto di riferimento per lo studio di un periodo cronologico denominato: “fase Certosa”.La prima fase di recupero dei locali del monastero adibiti a cimitero secondo le concezioni dell’igienismo illuminista è testimoniata da una serie di disegni dell’architetto Angelo Venturoli, che insieme a Luigi Marchesini progettò il reimpiego degli spazi preesistenti. Nel 1802 Ercole Gasparini ideò l’ingresso monumentale dal quale si diparte il viale rettilineo che conduce alla Cappella del Suffragio (1811), e promosse la costruzione di un portico collegato a quello di San Luca. L’utilizzo degli spazi ad uso sepolcrale procedette dal Chiostro Terzo al Chiostro d’ingresso e alle sale della Pietà e delle Tombe. Tra i luoghi più scenografici di questo luogo definito “Cimitero che si può chiamare Museo” da Aleksandr Turgenev e visitato da Byron e Leopardi, si ricordano in particolare la Loggia delle Tombe (1833), rielaborata da Coriolano Monti, e l’Aula Gemina, dominata al centro dal monumento all’agronomo Giovanni Francesco Contri (Salvino Salvini, 1873). Già dal primo quarto del XIX secolo erano sorte infatti le tombe che l’aristocrazia bolognese aveva commissionato ai più importanti scultori dell’epoca: pregevoli i monumenti Acquisti (Luigi Acquisti, 1823), Angelelli (Lorenzo Bartolini, 1827), Murat Pepoli (Vincenzo Vela, 1864), Baruzzi (Cincinnato Baruzzi, 1878), Bisteghi (Enrico Barberi, 1891). Molti furono i sepolcri decorati ad affresco da pittori prestigiosi come Pietro Fancelli, Flaminio Minozzi, Filippo Pedrini, Antonio Basoli, Pelagio Palagi. Affreschi a massello raffiguranti la Vergine, provenienti da altri edifici religiosi vennero trasferiti nel chiostro “delle Madonne”. Tra i monumenti del primo Novecento si ricorda, al centro del chiostro VI, il monumento ai Caduti della prima guerra mondiale. (Ercole Drei). Annessi al cimitero sono gli spazi per gli Acattolici (1822), il cimitero ebraico (1869), l’ara crematoria e il cinerario (1888). Tra le sepolture famose si segnalano quelle di Carlo Broschi detto il Farinelli, Isabella Colbrtan, moglie di Rossigni, Gioacchino Napoleone Pepoli, Giuseppe Grabinski, Giosuè Carducci, Marco Minghetti, Enrico Panzacchi, Riccardo Bacchelli, Ottorino Respighi, Giorgio Moranti, Giovanni Cappellini ed altri personaggi celebri. Nel 2008 il Pantheon alla Certosa, spazio destinato ai riti laici, è stato arricchito e rinnovato con l'allestimento "Sala d'attesa" dell'artista Flavio Favelli, il quale non ha alterato lo spazio preesistente ma lo ha ridisegnato tramite alcuni attenti accorgimenti. La nuova pavimentazione in marmo bianco e nero poggia su pannelli di legno per non danneggiare l'originale; le pareti sono adornate da tende che lasciano però scoperte le colonne color avorio; di fronte all'entrate è posizionata una grande specchiera e la sala è illuminata da 25 lampadari di cristallo. Il tutto è completato lateralmente dalle panche in legno posizionate secondo il modo dell'anfiteatro e centralmente si trova il palco, costituito da un piano in legno, atto ad ospitare il feretro.