Teatrino di Villa Aldrovandi-Mazzacurati
Travocial,
2016-03-01 08:01:47
2016-03-01 08:01:47
La storia di questo mirabile teatrino privato è stata indagata in maniera lucida ed esemplare da Deanna Lenzi alla quale si deve il merito di averci fatto comprendere appieno l'intima connessione tra gli spazio dedicati alla pratica della rappresentazione e le consuetudine d'uso.
Fuori dalle porte della città di Bologna, sulla strada per Firenze - nella zona pedecollinare del colle di Camaldoli - sorgeva il Palazzo di Camaldoli residenza della nobile famiglia Marescotti poi di Filippo Maria e in seguito di Raniero Aldrovandi Marescotti. Con la morte del padre Raniero, il trentaduenne senatore Gianfrancesco fece ritorno alla dimora bolognese dopo un lungo soggiorno a Modena dove aveva conosciuto il marchese Alfonso Vincenzo Fontanelli, suo futuro suocero, corrispondente e traduttore di Voltaire, eccellenza nel sostenere le rappresentazioni teatrali e nell'addestrare alle medesime i giovani cavalieri... lo fecero rimirare finché visse (Calore Uomini di teatro 1986 p. 105-107, Civiltà teatrale 1986, 40-51). La rinnovata passione di Gianfrancesco per le rappresentazioni teatrali diventa un modello di lettura per comprendere il consapevole programma culturale in cui il teatro diventa perno della complessa opera di ristrutturazione del Palazzo (Lenzi 1987, p. 68) avviata nel 1761 circa. I lavori iniziarono in coincidenza delle nozze con Lucrezia Fontanelli cui è da credere che ... per la particolare raffinata educazione ricevuta, non sia rimasta estranea (Lenzi, p. 68).
Nel 1762 e nel 1763 nei libri mastri della famiglia, si annotano spese per il teatrino tra cui il compenso per la realizzazione di due scene dipinte da Antonio Galli Bibiena e da Prospero Pesci (Calore 1984, p.71; Calore, Il teatro 1986, pp. 35-40). L'inaugurazione avvenne il 24 settembre dello stesso anno 1763, con la rappresentazione Alzira di Voltaire. Nel Diario di Galeati (Galeati, Diario) si precisa che tra gli attori - come di consueto nei teatrini privati di nobili famiglie - vi erano gli stessi Gianfrancesco e sua moglie Lucrezia, che lo spettacolo fu replicato tre volte e che l'entrata era a pagamento, particolare, allo stato attuale delle conoscenze, eccezionale (Lenzi, p. 68). Nel 1764 viene costruito un nuovo ordine di balconata e nel mese di maggio sotto la direzione del capomastro Giuseppe Berti viene realizzato in posizione perfettamente simmetrica rispetto al teatro, un portico prospiciente il giardino che opportunamente chiuso da teleri di legno sarebbe servito in occasioni di recite.
Dato che le ultime spese sono registrate nel mese di ottobre si è dedotto che il teatro fosse finalmente terminato entro quell'anno 1764 (Lenzi p. 65, nota 4). Le rappresentazioni camaldolesi diventeranno già nel 1771 una realtà consolidata e soprattutto di alto livello nel panorama artistico della provincia emiliana. La progettazione dell'interno del teatrino si deve sicuramente al senatore Gianfrancesco con la direzione del macchinista Bentivoglio come viene ricordato chiaramente in un inventario ritrovato da Deanna Lenzi (Lenzi, p. 69).
La facciata invece probabilmente fu realizzata su progetto di Francesco Tadolini attivo a Camaldoli dal 1769 quando il teatrino era già terminato.
Le 24 statue di stucco con cariatidi e sirene descritte come di maniera ... su antichi modelli da Piò, sono probabilmente da attribuire allo stuccatore Camporesi (Lenzi, p. 69) o a un certo Balugani (Lenzi, p. 69) che realizzò anche delle statue per la terrazza, la scala e la facciata del Palazzo (Lenzi 1987, p. 69).
Le statue a stucco che caratterizzano così piacevolmente il teatro sono tutte di diversa forma, e sebbene ritratte nell'atto di sorreggere sulla schiena le balconate, non hanno alcun carattere portante, tanto meno le braccia che in alcuni casi con le mani accuratamente posizionate, erano usate per sorreggere ghirlande di fiori freschi che venivano appese durante le serate d'onore (Rubini, p. 478).
L'idea di mescolare cariatidi, tritoni, atlanti e sirene non era poi così nuova, come a noi oggi potrebbe apparire, infatti era un motivo assai diffuso negli allestimenti effimeri e nella decorazione delle sale di tutta Europa. Furono impiegati a Roma nel 1566 durante il Carnevale della regina Cristina, a Monaco nel 1654 nel teatro dell'Opera in Salvatorplatz e nel 1750-1753 nel teatro di corte di Francois Cuvilliàs, a Versailles nel 1754 in un allestimento nella sala della cavallerizza. Di particolare interesse invece sarebbe l'accostamento ad un contemporaneo teatrino che fece costruire Federico di Prussia nel castello di Postdam tra il 1763 e il 1769 (Lenzi, p. 70). A Gianfrancesco succedette Carlo Filippo che opererà una regolare manutenzione per il buon mantenimento del teatro rinnovando scene e costumi, il sipario e il palcoscenico. In quell'occasione forse si realizzarono due fondali di tela rappresentanti il Carcere e l'Atrio dorico e dei celetti , elementi di scena che facevano le veci del soffitto. Questi pochi arredi di scena di cui si conserva solo memoria fotografica andarono dispersi eccetto il fondale con l'Atrio, forse opera giovanile di Pelagio Palagi, protetto di Carlo Filippo. Almeno fino al 1845 il teatro fu attivo e ben conservato dalla famiglia Mazzacorati che appose rispettosamente solo il proprio stemma sull'arcoscenico.
Ma quando nel 1937 divenne proprietà dell'Istituto Previdenza Sociale e il Palazzo adibito a convalescenziario, il teatrino che doveva essere abbattuto, fu fortunosamente risparmiato per l'intervento della Soprintendenza di Modena. Ugualmente però vennero operate manomissioni spesso senza criterio scientifico. La profondità del palcoscenico fu ridotta, fu sostituito il piano ligneo, fu elettrificata la sala, il pavimento a mattoni bolognesi fu sostituito con uno alla veneziana, Nel 1946 fu rifatto il coperto, danneggiato durante un bombardamento del 1945, nel soffitto furono dipinte delle nuvole e coperte le figure originali.
Dal 1970-1971 il teatrino è proprietà della Regione Emilia Romagna che ha affittato parte del Palazzo compreso il teatrino al Quartiere Savena.
Nel 1962 fu rinforzata la prima balconata per poter sopportare un carico maggiore. Nel 1883 circa, il professore Carlo Bellei ha restaurato il telone con l'Atrio.
La semplice facciata con un portale con gradini in pietra immette senza ambienti intermedi al teatrino lateralmente. L'entrata privata principale invece sembra essere quella dal giardino.
Dal colonnato esterno infatti si accede al teatro attraverso un graziosissimo atrio triangolare ricavato da un raccordo creatosi con la costruzione delle barchesse semicircolari. Altre porte di entrata poste al piano terra e al primo piano facilitavano l'ingresso dei privilegiati direttamente dagli ambienti interni della villa. La platea del teatro è a pianta rettangolare con due ordini di balconate con parapetti in tela decorata. Il teatro è fornito di palco e sottopalco.
L'interno del teatro oggi è agibile per 95 spettatori. In origine la sala offriva posto a 200 persone ma bisogna considerare che un tempo gli spazi teatrali erano affollatissimi. Il teatro necessita di restauri anche per la presenza di infiltrazioni nelle pareti e nel soffitto. Dal 1993 il Quartiere Savena promuove iniziative di sensibilizzazione con visite guidate e rappresentazioni teatrali; è stato organizzato anche un convegno nel quale si sono affrontati i problemi relativi ad un eventuale restauro. Il progetto dei restauri è curato da Sara Franceschini del Comune di Bologna.
(Caterina Spada)